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La vita negli Oceani: verso il punto di non ritorno?

La biodiversità degli oceani è fortemente minacciata dalle attività umane come la pesca industriale e gli allevamenti ittici. Se non vogliamo un oceano deserto e senza vita, dobbiamo cambiare abitudini. Subito. Il punto di non ritorno è alle porte.

Si celebra proprio questa settimana la giornata mondiale degli Oceani. Un’occasione preziosa per riflettere su una situazione sempre più drammatica, e soprattutto per agire.

I mari e gli oceani non sono riserve infinite. La pesca industriale non solo li sta letteralmente svuotando, ma mette a rischio la sopravvivenza stessa di molte specie. Secondo gli studiosi sono a rischio addirittura 1.414 specie di pesci. Tra queste ci sono: merluzzo, sardina, anguilla, acciuga, tonno rosso, pesce spada, razza e palombo. Tutto pesce che si consuma comunemente in Italia, ci ricorda Essere Animali.

A dispetto di quanto si possa credere poi, nemmeno l’allevamento ittico industriale può essere l’alternativa alla pesca intensiva in mare. I pesci infatti sono animali carnivori e vengono nutriti con mangimi a base di farine e olio di pesce, che provengono proprio dal pescato in mare. Si calcola che almeno il 30% dell’attuale pesca industriale in mare serva per alimentare i pesci negli allevamenti. Insomma, senza pesca intensiva l’acquacoltura non potrebbe esistere.

Non c’è più tempo da perdere, se non vogliamo perdere gli oceani

Per sensibilizzare l’opinione pubblica al problema, Essere Animali ha tappezzato l’intera metro Cairoli di Milano. I cartelloni, in difesa di pesci e oceani, chiedono “Ti spaventa un oceano senza vita?” Mentre affermano ciò che è sempre più evidente “Ci stiamo mangiando gli oceani”.

Non solo. L’Organizzazione ha anche stampato e distribuito un giornale fittizio. La testata è “Il Corriere del futuro”, la data di pubblicazione il 2051. Il Messaggio è diretto a noi che ora, nel 2021, possiamo ancora cambiare il destino del Pianeta. Il quotidiano del futuro racconta come pesca industriale e allevamenti ittici abbiano provocato una catastrofe che invece si sarebbe potuta evitare facendo le scelte giuste.

E in questo momento di profonda crisi la stessa comunità scientifica sostiene che è necessario proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030. Questo significa che bisogna intervenire fin da subito con azioni concrete per sviluppare meccanismi efficaci di tutela. Solo così si potranno proteggere davvero le aree più sensibili. Non c’è più tempo da perdere.

Che cosa fare? La risposta arriva dal rapporto dell’Università di York e di Greenpeace “30×30: Un piano per la tutela degli oceani“. Il Rapporto mostra infatti come sia possibile, con le conoscenze a nostra disposizione, sviluppare una rete internazionale di aree marine protette per tutelare le aree più sensibili dei nostri oceani.

Sano come un pesce?

C’è poi l’aspetto, non trascurabile, che riguarda la salute. Non dimentichiamo che il consumo di pesce e di altri animali marini può comportare diversi rischi. Tra questi l’ingestione delle microplastiche. Le microplastiche potrebbero infatti trasportare all’interno del corpo microrganismi patogeni o altri inquinanti come i metalli pesanti, ad esempio.

Animal Equality ci ricorda poi come molti pesci dalle grandi dimensioni come tonno, pesce spada, squalo e sgombro, sono costantemente ricchi di mercurio. E questo può danneggiare il sistema nervoso di un feto o di un bambino piccolo. Mentre gli agenti inquinanti talvolta presenti nei pesci, come le diossine e i PCB, sono stati collegati a tumori e problemi riproduttivi.

Viene spesso consigliato di consumare pesce per il suo contenuto in acidi grassi omega-3. Ma, mette in evidenza l’Accademia della nutrizione, sono numerosi gli studi che suggeriscono invece che i danni sono superiori ai benefici. L’unico modo sostenibile e etico per ricavare gli omega-3 sono semmai le fonti vegetali. Quali sono? Leggi “Omega-3: se li ricavi dal pesce, i danni superano i benefici”. Oltre ai consigli trovi anche tutti i riferimenti scientifici.

Salviamo i pesci, salviamo gli oceani: ecco che cosa puoi fare

I mari e gli oceani stanno morendo. L’impatto della pesca industriale e degli allevamenti intensivi non è più sostenibile, da tutti i punti di vista. E se da un lato è senza dubbio fondamentale un intervento delle istituzioni nazionali e internazionali, dall’altro altrettanto importanti sono le nostre scelte. Se non vogliamo un oceano deserto e senza vita, dobbiamo diventare noi stessi parte della soluzione. Come? Cambiando abitudini alimentari per ridurre la pressione sui mari.

Sostituire le proteine di origine animale con quelle vegetali è la scelta più importante che ognuno di noi possa fare. Sono sempre più le persone che ne prendono coscienza e che scelgono la strada di una alimentazione amica degli animali, del Pianeta e, non dimentichiamolo, della salute.

Che cosa puoi fare per salvare la vita negli oceani?

  • riduci o elimina del tutto il consumo di pesce e prodotti ittici
  • gustati le alternative vegetali al pesce

… ricordati di guardare il documentario Seaspiracy su come la pesca impatta sugli oceani e sulla vita marina. La tua vita cambierà, dopo.

Stai dalla parte dei pesci e degli oceani, stai dalla tua parte.

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