Cucciolo di maialino triste per l'articolo “Benessere animale”: l'inganno dietro le etichette

“Benessere animale”: l’inganno dietro le etichette

Altroché “Benessere animale”. Semmai una dicitura che trarrà in inganno i consumatori, se dovesse passare la nuova certificazione per i prodotti suinicoli.

Nelle prossime settimane potrebbe essere votato in Italia un decreto che permetterà di inserire nelle etichette dei prodotti di origine animale la dicitura “Benessere animale“.

Che cosa succederebbe se la nuova certificazione dei prodotti suinicoli dovesse essere approvata? Verrebbero etichettati in questo modo anche prodotti provenienti da scrofe in gabbia e da suini con la coda tagliata. Una pratica, quest’ultima, non solo crudele ma vietata dalle direttive europee.

Ecco il perché della mobilitazione delle Organizzazioni animaliste, ambientaliste e anche dei consumatori. E’ nata una vera e propria coalizione che chiede la revisione dello schema del decreto e degli standard per la certificazione di “Benessere animale”.

Tra le Organizzazioni ci sono Animal Law, Animal Equality, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Federazione nazionale Pro Natura, LAV, LEIDAA, Legambiente, OIPA, LIPU, The Good Lobby, Greenpeace.

Benessere animale? Si fa per dire

Il Sistema di Qualità Nazionale Benessere Animale prevede la certificazione e l’etichettatura volontaria di prodotti di origine animale che rispettino standard superiori ai requisiti di legge.

Ma la certificazione che dovrebbe essere votata, prevede invece di etichettare con la dicitura “Benessere animale” anche prodotti provenienti da scrofe in gabbia e dove è sistematico il taglio della coda.

“Una scrofa confinata in gabbia e un suino di 170 kg che vive su una superficie di 1,1 mq non sono esempi di benessere animale”, sottolineano Essere Animali e Animal Equality. Mentre precisano come gli allevamenti dove il taglio della coda costituisce la normale prassi operano al di fuori dalla legalità.

“Permettere che i prodotti suinicoli che provengono da queste realtà ricevano la certificazione di ‘benessere animale’ – denuncia Animal Equality – rappresenta quindi un inganno nei confronti dei consumatori e un enorme danno alle aziende che stanno investendo per migliorare le condizioni di vita degli animali allevati.”

E allora perché l’urgenza di questa certificazione proprio ora? “Il motivo è presto detto – spiega Greenpeace – questa certificazione garantirebbe priorità di accesso ai fondi PAC e PNRR, favorendo ancora una volta gli allevamenti a carattere intensivo, piuttosto che la transizione verso sistemi più sostenibili.”

Interessi ben lontani dal rispetto degli animali, insomma. “Quello che vogliono chiamare benessere animale – chiarisce Simone Montuschi (Presidente di Essere Animali) – noi lo chiamiamo con il suo nome: allevamento intensivo”.

E a proposito di allevamenti intensivi guarda i video delle indagini di Animal Equality e delle indagini di Essere Animali negli allevamenti di maiali. La realtà che si nasconde dietro le Fabbriche di carne, è ben diversa.

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