Inquinamento dell’aria: maschere antigas appese in serie al muro

Inquinamento dell’aria: il peso degli allevamenti industriali

Gli allevamenti intensivi sono tra i principali responsabili dell’inquinamento dell’aria, più di auto e moto. Come è possibile? Scoprilo nelle prossime righe.

Ti è mai capitato di respirare a pieni polmoni una zaffata di gas di scarico? A me non proprio, ma in città ci son di quelle volte che li sento più del solito. Ed è proprio in quelle occasioni che mi rendo conto che sto respirando veleno. Che quella robaccia che mi porto dentro non è solo un problema di odore rivoltante, ma anche la causa di possibili malattie.

Un problema mostruoso e che di sicuro non si può risolvere con il blocco della circolazione stradale, che aggiunge semmai altra tensione a una vita già stressante. Perché il blocco al traffico tra l’altro capita sempre, chissà perché, nei giorni in cui la macchina ti serve di più. Se ti è successo sai quanto è fastidioso.

Ed è ai mezzi rumorosi e puzzolenti che circolano per le strade che si pensa di solito quando si parla di inquinamento dell’aria. Oppure alle ciminiere delle industrie che vomitano quei fumi densi infiniti e poco rassicuranti. Di certo difficilmente vien da pensare agli allevamenti intensivi. Ma tant’è. Sono tra i principali responsabili dell’inquinamento atmosferico, più di auto e moto con i loro veleni maleodoranti. 

Se vuoi scoprire una volta di più perché gli allevamenti intensivi rappresentano una seria minaccia per la tua salute, seguimi nella lettura di questo articolo. Ti renderai anche conto di quanto è forte il tuo potere per cambiare le cose. Come? Semplicemente facendo scelte diverse, a partire da quello che metti nel piatto ogni giorno. Scelte consapevoli. 

Lo sapevi che in Italia gli allevamenti intensivi sono responsabili per il 15 % delle polveri sottili? Lo dice l’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. E non dimentichiamo che nel 2013 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato il particolato come cancerogeno di classe 1. Mentre l’Arpa denuncia come gli allevamenti intensivi sono responsabili della produzione di un terzo del particolato dell’intera Lombardia. 

A questo aggiungiamo pure che il particolato è anche un efficace vettore di trasporto per molti contaminanti, virus compresi. E il cocktail dagli effetti anche letali è così servito. E non siamo in un giallo di Agatha Christie. Questo è l’inferno in cui vivi.

Gli allevamenti intensivi inquinano più di auto e moto

E’ tutt’altro che intuitivo, ma è così. Gli allevamenti intensivi rappresentano una pericolosa fonte di avvelenamento anche per l’aria che respiriamo. E l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, è bene ricordarlo, ha classificato il particolato come cancerogeno di classe 1.

Ancora una volta la violenza contro milioni di animali si traduce in sofferenza e malattie per gli esseri umani. Malattie anche mortali.

Ma che peso hanno gli allevamenti intensivi sull’inquinamento dell’aria?

Le polveri sottili

In Italia, secondo i dati raccolti e analizzati dall’ISPRA, gli allevamenti industriali sono la seconda causa delle polveri sottili. Con il 15% di produzione superano sia le emissioni dell’industria (11,1%) che quelle dei veicoli leggeri (9%). L’avresti mai detto? Proprio così, gli allevamenti industriali inquinano più di auto e moto.

Ma come è possibile? Se si concentrano migliaia di animali in un unico luogo va da sé che anche la quantità di rifiuti si concentra in maniera eccessiva, con effetti catastrofici. Durante l’anno gli allevamenti producono così quantità enormi di liquami che vengono prima stoccati, e poi dispersi nei terreni agricoli. Animal Equality riporta come la stima della quantità degli escrementi degli animali allevati a scopo alimentare sia addirittura 130 volte quello dell’intera popolazione umana. E come ben sai non siamo pochi. 

Pensa che, a causa del volume di questi rifiuti e del costo di smaltimento, alla maggior parte degli allevamenti intensivi viene permesso di costruire delle enormi vasche di contenimento. Vasche che possono raggiungere le dimensioni anche di diversi campi da calcio. Lo denuncia sempre Animal Equality.

Come finisce tutto questo nei tuoi polmoni? Con la produzione dei gas che derivano dalle attività dell’intero ciclo produttivo dell’industria della carne, delle uova e dei latticini. 

Di quali gas stiamo parlando? Sicuramente dell’ammoniaca, che viene prodotta dalle deiezioni degli animali e dalle emissioni di fertilizzanti chimici impiegati per le coltivazioni destinate alla produzione dei mangimi. L’ammoniaca che si libera in atmosfera si combina poi con gli ossidi di azoto e di zolfo, e genera le famigerate polveri sottili. Nella sola Lombardia, secondo i dati dell’ISPRA, gli allevamenti intensivi producono circa l’85 % delle emissioni totali di questo gas.

Esiste quindi una relazione diretta tra lo smaltimento dei liquami degli animali, che producono grandi quantità di ammoniaca e nitrati, e l’inquinamento atmosferico da particolato. Particolato che per di più, come emerso nella puntata di Report di RAI 3, è anche un vettore che potrebbe favorire la diffusione dei virus. 

Ma se in Lombardia le emissioni di ammoniaca prodotte dagli allevamenti industriali incidono per l’85%, viene da chiedersi a quanto ammonti per l’intera penisola. I dati si discostano di poco. La quantità di ammoniaca prodotta in Italia da bovini, suini e ovini infatti è quasi il 75% del totale, si legge ancora nel report dell’ISPRA. Un bell’impatto per l’ambiente, e per i tuoi polmoni.

A destare preoccupazione poi, sempre secondo i dati ISPRA, è anche il fatto che il contributo degli allevamenti al particolato presente nell’aria che respiriamo ha continuato a salire negli ultimi anni. Si è passati cioè dal 10,2% del 2000 al 15,1 % nel 2016. Un trend che non sembrerebbe essere in calo.

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Le emissioni di gas serra

Ammoniaca e basta? Purtroppo no. L’ammoniaca non è il solo gas liberato nell’atmosfera. Gli allevamenti intensivi producono anche gas serra che comprendono metano, protossido di azoto e anidride carbonica. Come si generano? A fare chiarezza è Essere Animali che spiega la relazione di ognuno di questi gas con le  varie fasi delle attività produttive legate agli allevamenti industriali: 

  • Il metano (CH4) deriva dai processi di fermentazione dei gas durante la digestione e dai processi di trasformazione che avvengono nelle deiezioni. Le concentrazioni atmosferiche di metano sono ben inferiori a quelle di anidride carbonica, ma il suo potenziale nei confronti del riscaldamento globale è notevolmente superiore. Il metano emesso dalle deiezioni di maiali e bovini rappresenta il 45% e il 42% del totale delle emissioni prodotte dalla gestione delle deiezioni
  • il protossido di azoto (N2O) deriva dalla gestione delle deiezioni animali, dall’utilizzo di fertilizzanti azotati e da altre emissioni derivanti dalla coltivazione dei terreni. Si stima che la metà dei cereali prodotto in Italia sia destinato a nutrire gli animali. Il protossido di azoto è un gas serra 298 volte più potente della CO2. Nel 2015 la maggiore fonte di emissioni totale di N2O è derivata dal settore agricolo (61%), in particolare dall’uso dei fertilizzanti e dalla gestione delle deiezioni.

  • l’anidride carbonica (CO2) deriva dalla produzione industriale di erbicidi, antiparassitari e fertilizzanti, soprattutto azotati, per la coltivazione di foraggi e dei mangimi. Ma anche dall’utilizzo di energia fossile legata alle varie fasi, dall’allevamento al trasporto, dalla macellazione alla distribuzione

Gas serra e ammoniaca dunque. Ma dove incide di più l’inquinamento degli allevamenti industriali?

La rivoluzione dell’indagine ISPRA: il peso del particolato secondario

Prima del Report dell’ISPRA, pubblicato da Greenpeace Italia, ci si riferiva spesso al solo particolato primario e cioé a quello emesso direttamente. Come quello dei tubi di scappamento delle auto, per fare un esempio. Su questo fronte il contributo degli allevamenti intensivi è modesto: in media poco più dell’1,5% delle emissioni, si legge nel documento.

La rivoluzione introdotta dall’indagine è stata considerare anche il particolato secondario. Sono le polveri che si formano anche in atmosfera attraverso processi chimico-fisici tra particelle già presenti. Il discorso dell’ammoniaca, insomma. Ed è proprio qui che le percentuali degli allevamenti diventano interessanti, e allarmanti. 

Prendendo in considerazione sia il PM primario che secondario, grazie all’innovativo calcolo di Ispra, la squadra investigativa di Greenpeace ha in sostanza ribaltato la classifica dei settori inquinanti. E ha messo così in evidenza il ruolo centrale degli allevamenti intensivi nell’inquinamento da polveri sottili. Le stesse che potrebbero trasportare anche i virus, vale la pena ribadirlo.

Ma perché è così importante questa analisi? Perché considerando il processo che dall’ammoniaca porta alla produzione di particolato, si può arrivare ad avere un quadro reale dell’impatto degli allevamenti sull’inquinamento da polveri sottili. Si è così scoperto, ad esempio, che nelle principali città lombarde il particolato secondario è maggiore del primario. In altre parole, riferisce Greenpeace, l’88% dell’ammoniaca lombarda è causata dalla presenza di animali in stalla e da stoccaggio e spandimento dei reflui. Cambia eh?

Ma quali effetti produce tutto questo sulla salute?

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I dati sull’inquinamento atmosferico generato dagli allevamenti intensivi lasciano quindi ben poco spazio all’interpretazione. In Italia è la seconda causa nella produzione delle polveri sottili, di quelle che respiri anche tu e che sicuramente non ti fanno bene. Non può fare bene respirare veleno. Ricorda che le polveri sottili oltre a trasportare virus possono trasportare anche metalli pesanti.

Ma che cosa può accadere a chi addirittura vive nelle vicinanze di queste macchine della morte? 

Che i danni alla salute non siano cosa da prendere sottogamba emerge in maniera chiara e drammatica anche dalle parole di Italo Carlo Modonesi, membro del Comitato scientifico di Isde Italia (International Society of Doctors for the Environment). E che riporta Greenpeace. 

Modonesi dichiara come l’esposizione ripetuta nel tempo a questi materiali sospesi nell’aria, da parte delle comunità umane residenti nelle vicinanze di impianti zootecnici, può portare a disturbi respiratori, effetti tossici di diversa natura, problemi della funzione polmonare, malattie infettive, infiammazioni croniche respiratorie e asma.  

Tutto qui? Purtroppo no. Sempre i medici per l’ambiente, continua Greenpeace, mettono in guardia dal fatto che le polveri potrebbero anche veicolare batteri resistenti agli antibiotici mentre l’esposizione cronica al PM2,5 può essere origine di malattie molto gravi come il cancro del polmone

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Il caso di Robert Thornell

E non è finita. Secondo l’Istituto per la Difesa delle Risorse naturali, riporta Animal Equality, il solfuro di idrogeno prodotto dal letame dei maiali può causare sintomi simil-influenzali e provocare gravi danni cerebrali, se l’esposizione è continua e per lunghi periodi di tempo. Cita poi a riguardo un articolo del New York Times con la testimonianza di un allevatore, Robert Thornell, che ha vissuto tutto questo sulla propria pelle. 

Robert Thornell ha manifestato una grande varietà di sintomi riconducibili all’esposizione al solfuro di idrogeno e ai gas ammoniacali. Dopo aver respirato per anni questi fumi, Thornell ha iniziato a soffrire di perdita di memoria, sbalzi d’umore, balbuzie e problemi di equilibrio. Altri nella stessa zona hanno manifestato forme di crisi epilettiche e altri danni neurologici.

E se uno non vive vicino agli allevamenti intensivi? L’inquinamento dell’aria comunque bene non fa. E questo riguarda tutti. In Europa nel 2015 l’esposizione a concentrazioni elevate di polveri sottili è stata responsabile della morte prematura di circa 442mila persone. Sono i dati dell’Agenzia europea per l’ambiente. E in Italia? Nel 2019 l’Italia risulta prima in Europa per numero di morti premature da inquinamento atmosferico. Vuoi sapere quante? 76.200. 

Un altro aspetto pazzesco di tutto questo è che l’Unione Europea destina il 75% dei fondi della PAC (Politica agricola comune europea) agli allevamenti intensivi. Lo denuncia Animal Equality. E alla PAC sono riservati quasi il 40% di tutti i fondi del bilancio comunitario. Una cifra a dir poco enorme e che potrebbe invece essere spesa per promuovere un’agricoltura sostenibile amica degli animali, dell’ambiente e degli esseri umani.

Gli allevamenti intensivi provocano enormi sofferenze agli animali, inquinano e ci fanno ammalare. E’ arrivato il momento di fare scelte alimentari diverse. 

Se non respiri, non vivi

Basare l’alimentazione sulle proteine animali ha generato un sistema di produzione che, oltre a causare sofferenze a milioni di animali, appesta l’ambiente e crea le condizioni di malattie anche mortali per gli esseri umani.

Che cosa potrebbe accadere se decidessimo di non fare nulla per combattere questo sistema di produzione alimentare? Magari potremmo essere proprio noi i prossimi ad ammalarci. L’aria la respiriamo tutti, non è necessario risiedere vicino agli allevamenti industriali per respirare veleni.

Quando fai la spesa o vai al ristorante chiedi da dove provengono la carne, le uova e i latticini che mangi. Non comperare i prodotti che proviengono dagli allevamenti intensivi. E’ l’unico modo per mettere in crisi il giro d’affari che alimenta questo business. Un business a cui, a quanto pare, interessa ben poco anche della tua di salute. I dati parlano chiaro.

La riduzione o l’eliminazione dei prodotti di origine animale sono l’unica soluzione se vogliamo proteggerci da malattie orribili, anche mortali.

Stai dalla parte degli animali. Stai dalla tua parte. 

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