Il sistema di produzione alimentare basato sulle proteine animali non solo è crudele verso gli animali, ma mette a rischio la sopravvivenza stessa del Pianeta. Insomma, gli allevamenti intensivi, insieme all’agricolura che li alimenta, rappresentano un serio pericolo per la sostenibilità. Perché? Per almeno 16 motivi.
Ti è mai mancata l’aria? Come quando resti imbottigliato nel traffico e dopo neanche troppo tempo comincia a scarseggiare l’ossigeno nell’abitacolo. L’anidride carbonica rende l’aria pesante, e così respiri con fatica e questo ti fa stare male. Ma se apri il finestrino è ancora peggio perché quello che entra è il veleno dei gas di scarico. A dir poco vomitevole. Ti è mai successo?
Il fatto è che l’aria inquinata la respiriamo tutti i giorni. Lo sapevi che 9 persone su 10 respirano aria contenente alti livelli di sostanze inquinanti e che l’inquinamento atmosferico uccide ogni anno 7 milioni di persone? Sono dati dell’OMS.
Se vuoi scoprire in che modo le fabbriche di animali avvelenano l’aria che respiri e in che modo inquinano e esauriscono le risorse naturali continua a leggere questo articolo. Ti renderai conto di quanto quello che metti nel piatto sia legato a doppio filo con la sopravvivenza stessa di un pianeta abusato e sempre più ferito. Il nostro Pianeta.
La Terra sta pagando il prezzo dei nostri consumi sconsiderati e non sostenibili anche per quanto riguarda le risorse idriche. Sono sempre più scarse, sempre più inquinate.
Lo sapevi che la scarsità d’acqua riguarda quasi tutti i continenti e più del 40% della popolazione mondiale? Ed è dovuta principalmente al consumo eccessivo per la produzione alimentare soprattutto di prodotti di origine animale. Per questo ridurre in maniera significativa o eliminare del tutto dall’alimentazione le proteine animali diventa determinante per salvare il Pianeta, e la vita sul Pianeta. Quindi anche la tua.
Ma vediamo più da vicino perché gli allevamenti industriali e l’agricoltura che li alimenta rappresentano un pericolo per la sostenibilità:
- 1) Allevamenti intensivi e particolato atmosferico
- 2) Allevamenti intensivi e particolato atmosferico in Italia
- 3) Particolato atmosferico e salute
- 4) Allevamenti intensivi e produzione di gas serra
- 5) Allevamenti intensivi e produzione di gas serra nella UE
- 6) Allevamenti intensivi e produzione di gas serra nel mondo
- 7) Allevamenti intensivi e deforestazione
- 8) Amazzonia in fiamme e agribusiness
- 9) Produzione di soia in Brasile e mangimistica
- 10) Deforestazione e riscaldamento globale
- 11) Foreste pluviali da accumulatori a emettitori di CO2
- 12) L’industria del latte inquina più dei maggiori produttori di combustibili fossili
- 13) Deforestazione e perdita di risorse idriche
- 14) Allevamenti intensivi e spreco di risorse idriche
- 15) Allevamenti intensivi e inquinamento delle acque
- 16) Allevamenti intensivi e degrado dei terreni
- Hai un altro Pianeta su cui vivere? Se mangi crudeltà non hai via di scampo
1) Allevamenti intensivi e particolato atmosferico
Che cosa c’entrano gli allevamenti intensivi con il particolato? Esiste una relazione diretta tra lo smaltimento dei liquami degli animali allevati nelle fabbriche della carne, che producono grandi quantità di ammoniaca e nitrati, e l’inquinamento atmosferico da particolato.
L’ammoniaca che si libera in atmosfera si combina infatti con gli ossidi di azoto e di zolfo e genera così le famigerate polveri sottili.
Ma l’ammoniaca non deriva solo dallo smaltimento dei liquami degli animali. C’è anche l’ammoniaca che si libera dai fertilizzanti chimici impiegati per le coltivazioni destinate alla produzione dei mangimi.
2) Allevamenti intensivi e particolato atmosferico in Italia
Lo sapevi che in Italia gli allevamenti intensivi sono responsabili per il 15 % delle polveri sottili? Dai dati emerge che superano sia le emissioni dell’industria (11,1%) che quelle dei veicoli leggeri (9%). L’avresti mai detto? Insomma, gli allevamenti industriali inquinano più di auto e moto, e in Italia sono la seconda causa di produzione delle polveri sottili. Sono dati ISPRA che Greenpeace ha pubblicato in un dossier.
Di sicuro un bell’impatto per l’ambiente ma anche per i tuoi polmoni, naturalmente. A destare preoccupazione poi, sempre secondo i dati ISPRA, c’è anche il fatto che il contributo degli allevamenti al particolato nell’aria che respiriamo ha continuato a salire negli ultimi anni.
3) Particolato atmosferico e salute
Dicevamo che gli allevamenti intensivi sono, in Italia, la seconda causa di produzione delle polveri sottili. Sapevi che il particolato atmosferico è l’inquinante che provoca maggiori danni alla salute? Non solo per la nocività, ma anche per il semplice fatto che è impossibile proteggersi dagli inquinanti presenti nell’aria. Bisognerebbe smettere di respirare.
E’ talmente pericoloso che nel 2013 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato il particolato come cancerogeno di classe 1. Particolato che per di più, come emerso in una delle inchieste di Report di RAI 3, potrebbe anche essere un vettore che favorisce la diffusione dei virus.
E che con l’inquinamento atmosferico ci sia ben poco da scherzare, lo dimostra la conta dei morti che si fa ogni anno.
In Europa solo nel 2015 l’esposizione a concentrazioni elevate di polveri sottili è stata responsabile della morte prematura di circa 442mila persone. Sono i dati dell’Agenzia europea per l’ambiente. E in Italia? Nel 2019 l’Italia risulta prima in Europa per numero di morti premature da inquinamento atmosferico. Vuoi sapere quante? 76.200.

4) Allevamenti intensivi e produzione di gas serra
Dicevamo dell’ammoniaca. Ma l’ammoniaca non è il solo gas liberato nell’atmosfera dalle fabbriche di animali e dall’agricoltura che le alimenta. Gli allevamenti intensivi producono infatti anche gas serra. Si tratta soprattutto di metano, protossido di azoto e anidride carbonica.
Ma come si generano? Ce lo spiega Essere Animali:
- il metano si forma attraverso il naturale processo biologico di fermentazione enterica e delle deiezioni. Le concentrazioni atmosferiche di metano sono ben inferiori a quelle di anidride carbonica, ma il metano ha una capacità di riscaldamento dell’atmosfera 25 volte superiore.
- Il protossido di azoto deriva dalla gestione delle deiezioni animali, dall’utilizzo di fertilizzanti azotati e da altre emissioni derivanti dalla coltivazione dei terreni. In Italia si stima che la metà dei cereali prodotti sia destinato a nutrire gli animali. Il protossido di azoto è un gas serra 298 volte più potente della CO2.
- La CO2 deriva dalla produzione industriale di erbicidi, antiparassitari e fertilizzanti, soprattutto azotati, per la coltivazione di foraggi e mangimi. Ma deriva anche dall’utilizzo di energia fossile legata alle varie fasi dell’attività produttiva degli allevamenti industriali. Vale a dire dall’allevamento al trasporto, dalla macellazione alla distribuzione.
Lo sapevi che in Italia l’80% delle emissioni di gas serra del settore agricolo deriva dagli allevamenti intensivi? Soprattutto dall’allevamento dei bovini con un 70% di emissioni (fonte ISPRA)
5) Allevamenti intensivi e produzione di gas serra nella UE
Le emissioni di gas serra degli allevamenti intensivi rappresentano il 17% delle emissioni totali dell’Unione Europea. Più di quelle di tutte le automobili e i furgoni in circolazione messi insieme. Lo denuncia Greenpeace nel suo report “Foraggiare la crisi – In che modo la zootecnia europea alimenta l’emergenza climatica“.
Le emissioni annuali degli allevamenti, mette in evidenza l’Organizzazione, sono aumentate del 6% tra il 2007 e il 2018 per un totale di 39 milioni di tonnellate di CO2. Questo aumento equivale all’aggiunta di ben 8,4 milioni di auto sulle strade europee. Un inferno.
6) Allevamenti intensivi e produzione di gas serra nel mondo
Secondo i dati della FAO, il 15% circa delle emissioni di gas serra, a livello mondiale, è riconducibile agli allevamenti intensivi e alle attività a essi correlate. Le emissioni legate a questo settore sono causate dalla produzione di mangimi per il 45% e dalla loro digestione per il 39%.
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7) Allevamenti intensivi e deforestazione
Sai che il destino delle foreste pluviali dipende da quello che metti nel piatto? Il sistema agroalimentare è infatti responsabile dell’80% della deforestazione di alcune delle foreste più ricche di biodiversità rimaste sulla Terra. E il ruolo della zootecnia è di primo piano. Lo documenta anche la FAO. Insomma si deforesta principalmente per creare aree di pascolo e per produrre mangimi destinati agli allevamenti intensivi.
8) Amazzonia in fiamme e agribusiness
In Amazzonia gli incendi e la deforestazione vanno di pari passo. Molti degli incendi, e a denunciarlo è Greenpeace, dimostrano in maniera chiara come l’avanzata dell’agricoltura industriale nella foresta sia stata l’anticamera degli incendi. Spesso per far spazio a pascoli e a colture intensive per la mangimistica. Il tutto con conseguenze devastanti per le foreste e la biodiversità, per il clima. Non solo. A tutto questo si accompagnano anche gravi violazioni dei diritti umani a danno delle popolazioni indigene.
9) Produzione di soia in Brasile e mangimistica
Il Brasile è in assoluto il primo produttore di soia. Ne produce circa 200 milioni di tonnellate all’anno e la esporta in tutto il mondo. Lo sapevi che il 91% è destinato a mangimi e farine per il consumo animale? Solo il 6% è destinato al consumo umano, il restante 3% al combustibile biodiesel.
L’Italia ad oggi ne importa 1,3 milioni di tonnellate da destinare principalmente ai mangimi nell’industria dell’allevamento. Secondo le stime riportate dalla Camera di Commercio, riporta Animal Equality, la metà di questa soia arriva solo ed esclusivamente dal cuore del Brasile.
Dicevamo del collegamento tra quello che metti nel piatto e il destino delle foreste pluviali? Ecco, appunto. Siamo solo al punto 9, ma è sempre più evidente come gli allevamenti intensivi sono sistemi di produzione a tutti gli effetti non sostenibili.



10) Deforestazione e riscaldamento globale
Secondo i dati della FAO di uno studio del 2010, le foreste mantengono immagazzinate 289 miliardi di tonnellate di carbonio nella biomassa viva, nel legno morto, nella lettiera e nel suolo. La sola foresta amazzonica ne accumula dai 150 ai 200 miliardi di tonnellate (fonte WWF).
Che cosa succede se le foreste bruciano? Oltre al crimine che rappresenta in sé anche per la violazione dei diritti delle popolazioni indigene, è evidente che se bruciamo i polmoni verdi del pianeta diminuisce in maniera critica la capacità delle foreste di trattenere e trasformare la CO2. Non solo.
Così con l’aumentare degli incendi per far spazio agli allevamenti e all’agricoltura intensiva per la mangimistica, aumentano di conseguenza anche le emissioni di gas serra. Il che contrinuisce ulteriormente all’innalzamento della temperatura globale. In questo modo La deforestazione dovuta lall’agribusiness diventa una delle principali cause del riscaldamento globale, producendo dal 12 al 20% delle emissioni di gas serra (fonte WWF)
11) Foreste pluviali da accumulatori a emettitori di CO2
Le regioni verdi tropicali, insomma, più ancora che aree di stoccaggio sono diventate così fonte di emissione di anidride carbonica in atmosfera. Quanta? Ogni anno emettono circa 425 teragrammi (1 teragrammo equivale a 1 milione di tonnellate) di CO2, più delle emissioni derivanti dai mezzi su strada negli Stati Uniti. Complessivamente, la degradazione delle foreste dovuta alla presenza umana è responsabile del 68,9% delle fughe di C02 (fonte FOCUS).
Proprio per questo motivo le fiamme che bruciano l’Amazzonia non sono un problema solo per il Brasile, ma per l’intero Pianeta.
12) L’industria del latte inquina più dei maggiori produttori di combustibili fossili
Lo sapevi che i colossi del latte hanno prodotto oltre 32 milioni di tonnellate di gas serra pari all’inquinamento prodotto da 6,9 milioni di automobili in un anno? Stiamo parlando di 13,6 miliardi di litri di benzina. Sono i dati emersi dall’indagine dello IATP (Institute for Agriculture and Trade Policy).
Sai che cosa significa? Significa che l’industria del latte inquina più dei maggiori produttori di combustibili fossili del mondo, cioè dell’australiano BHP e dello statunitense ConocoPhillips. Pazzesco, vero? Tra le aziende con importanti emissioni di gas serra vengono citate Amul, Lactalis, Saputo e Danone.
13) Deforestazione e perdita di risorse idriche
Che le foreste pluviali svolgano un ruolo fondamentale per contrastare il cambiamento climatico è un dato di fatto. Che senza la loro presenza rischiamo di perdere fra il 17 e il 20% di risorse di acqua per il Pianeta, è un ulteriore dato su cui riflettere (fonte WWF)
14) Allevamenti intensivi e spreco di risorse idriche
Uno dei problemi più urgenti al mondo. E’ in questo modo che l’ONU ha definito l’impronta idrica dell’industria della carne invitando i consumatori a spostarsi verso le alternative a base vegetale. Insomma, ormai è più che evidente che gli allevamenti intensivi rappresentano un serio pericolo per la sostenibilità.
Qualche dato? Eccone alcuni tratti dal “The green, blue and gray water of farm animals and animal products” dell’UNESCO, uno degli studi più imponenti sull’argomento. Per produrre 1 kg di carne bovina occorrono 15.415 litri di acqua. Insostenibile. E per gli altri tipi di carne? Servono: 8763 litri di acqua per 1kg di carne di pecora; 5988 litri per 1kg di carne di maiale; 4325 litri per un kg di carne di pollo; 3265 litri per un kg di uova; 1020 litri per un litro di latte. Insostenibile, ancora una volta.
E per gli alimenti a base vegetale? Ecco un paio di esempi. Servono 1.644 litri di acqua per produrre 1 kg di cereali e un burger vegano consuma addirittura dal 75 al 95% di acqua in meno rispetto alla carne di manzo, causa l’87-90% di emissioni in meno e utilizza dal 93 al 95% di terreno in meno. Sono numeri che non hanno bisogno di commenti.
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15) Allevamenti intensivi e inquinamento delle acque
L’allevamento di animali a scopo alimentare non solo avvelena l’aria e prosciuga le risorse idriche, ma inquina anche le acque di superficie e delle falde. E questo sia per lo spargimento di liquami organici provenienti dagli allevamenti, sia per i residui delle sostanze chimiche (pesticidi e fertilizzanti) usate nella coltivazione dei mangimi. Un’ulteriore minaccia alla sostenibilità.
16) Allevamenti intensivi e degrado dei terreni
La desertificazione è una delle minacce ambientali più preoccupanti. Lo sapevi che il 70% dei terreni ora adibiti a pascolo, secondo le stime delle Nazioni Unite, è in via di desertificazione?
E sai perché? Per via del pascolo eccessivo, il principale fattore di degradazione del suolo. Quando una zona di pascolo viene sfruttata oltre misura, il bestiame compatta il suolo con gli zoccoli e strappa la vegetazione, provocando così l’erosione del terreno e la conseguente desertificazione. E il pascolo eccessivo è strettamente legato all’allevamento intensivo, in particolare a quello dei bovini.
Hai un altro Pianeta su cui vivere? Se mangi crudeltà non hai via di scampo
Gli allevamenti intensivi non sono sostenibili e rappresentano un serio pericolo. Come pensi di poter sopravvivere su un pianeta stremato e soffocato non più capace di rigenerarsi?
Cambiare le abitudini non è semplice, ma il Pianeta sta pagando un prezzo troppo alto, e noi con lui. Non solo lo stiamo avvelenando e stravolgendo ma, secondo i dati del Global Footprint Network, stiamo consumando risorse come se di pianeti a disposizione ne avessimo due. Ricorda che nel 2019 abbiamo raggiunto l’Overshoot Day il 29 di luglio.
E che ci sia una correlazione diretta e fondamentale fra le nostre scelte alimentari e tutto questo è ormai oltremodo evidente. L’ONU stessa invita i consumatori a spostarsi verso un’alimentazione a base vegetale. L’unica sostenibile.
Per questo ridurre in maniera significativa o eliminare del tutto dall’alimentazione le proteine animali diventa determinante per salvare il Pianeta e la vita sul Pianeta.
Lo sapevi che in un solo mese non mangiando maiale eviti l’emissione di ben 38 kg di gas serra? Sempre in un solo mese sostituendo la carne bovina salvi 22 metri quadrati di terra fertile dall’erosione, dalla deforestazione, dall’appropriazione dei terreni e dalla fertilizzazione eccessiva e lasci l’acqua pulita e la terra da coltivare a chi ne ha bisogno (fonte Loveveg).
Insomma, vegetale è decisamente meglio e non devi rinunciare proprio a nulla, anzi. Esistono alternative vegetali per qualsiasi pietanza. Devi solo divertirti a provarle per scoprire anche nuovi sapori e consistenze. Puoi veganizzare le pietanze che già conosci. E poi trovi una infinità di ricette sui siti come it.loveveg.com, vegolosi.it, ioscelgoveg.it. Ricette a base vegetale gustose le trovi poi in quantità anche nella cucina italiana. Non hai che l’imbarazzo della scelta. Molti piatti sicuramente li mangi già, solo che magari non ci hai fatto caso.
Non renderti la vita insostenibile. Se stai dalla parte degli animali stai dalla parte del Pianeta, e quindi dalla tua.
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